Ti è mai capitato di dispiacerti per non aver potuto (o voluto) fare o dire qualcosa?
È una sensazione spiacevole che può tormentarti a lungo. Se ti capita spesso di ritrovarti a percepire rimpianti, forse, hai troppo spesso “delegato“ all’esterno il potere d’azione, rinunciato al tuo diritto al primo posto nel podio dei desideri e del ricevere, lasciando troppo
È una sensazione spiacevole che può tormentarti a lungo.
Se ti capita spesso di ritrovarti a percepire rimpianti, forse, hai troppo spesso “delegato“ all’esterno il potere d’azione, rinunciato al tuo diritto al primo posto nel podio dei desideri e del ricevere, lasciando troppo spesso che altri decidessero per te.
Mi è capitato di recente durante una consulenza di parlare con un medico che per anni ha avuto il compito di assistere malati terminali nel loro ultimo tratto di vita. Persone profondamente sofferenti fisicamente e psicologicamente provate.
Ho chiesto quali fossero, proprio in relazione alla sua esperienza, i rimpianti più comuni di questi esseri umani e oltre alla risposta fonte di ispirazione, mi ha sensibilizzato scoprire che quasi tutti gli esseri, anche i più inconsapevoli, si aprono profondamente negli ultimi tratti di vita terrena, esprimendo intense verità. Non importa quali possano essere state le esperienze del loro cammino, costellate da grandi emozioni, ciò che li accumuna è un’imperante ricerca di pace.
Tornando ai rimpianti desidero divulgare quando mi è stato riportato proprio perché divengano uno stimolo anche per te per nutrire la tua vita nel QUI e ORA:
- avrei voluto avere più coraggio, per vivere la vita che desideravo e non assecondando aspettative di altri;
- avrei potuto esprimere i miei sentimenti e i miei bisogni senza paura;
- avrei dovuto dedicare più tempo a me, agli affetti, ai veri amici invece ho lavorato duramente;
- ho ricercato tanti riconoscimenti e approvazioni fuori, vorrei essere stato più felice.
Credo che per noi, per me e per te, sia ora un privilegio proprio alla luce di questa testimonianza trasformare questi “vorrei o avrei potuto” in un “voglio, posso” ora.
Per poter fare questo ti suggerisco di uscire dal legame con il passato non importa ciò che è stato, hai potuto fare ciò che potevi con gli strumenti che avevi, decidi di uscire dal vecchio approccio alla tua realtà, scegli di disidentificarti dalle vecchie aspettative e accedere alla porta più grande per la felicità: ascoltare ciò che desidera il tuo cuore e agire secondo i tuoi più alti valori. L’azione decisa nutre il cervello di rinnovata energia, attrae nuovi eventi, induce trasformazione e vitalità, potenzia la fiducia.
Non è necessario aspettare di sapere come affrontare queste cose, quello che dobbiamo fare è volerle fare! Il tuo pensiero ad esempio “voglio cominciare a rilasciare il giudizio o ad amare me stesso” è una chiara emanazione e nuove strade ti si presenteranno per sostenerti, l’Universo ti ama ed è pronto a manifestare qualunque cosa tu decida di credere e desiderare dal cuore.
Fai sì che la vita torni a fluire, adesso, sii veramente desideroso di avere una buona vita!
QUEL VUOTO CHE CI MANDA IN CRISI: ecco come rimediare
Siamo immersi nel rumore, incastriamo impegni, pieni di cose da fare, famiglia cui presenziare, amici da incontrare, vacanze da organizzare, amori da prendere magari per poi lasciare... E nella corsa fatichiamo a riconoscerci e a capire lo scopo, il fine di questa vita.
Una cosa è certa, la definiamo “piena” e abbiamo sviluppato la capacità di abituarci a fare più cose contemporaneamente, in questo le donne sono specializzate lo so, ma alla fine cosa resta?
Tra un selfie scattato, tra le risposte ai messaggini in WhatsApp e l’avvio di altre “strategie di distrazione” ogni momento è riempito da qualcosa!
Ti prendi il tempo per godere di uno sguardo, di una carezza, dell’intensità di un dialogo, dell’ascolto del silenzio, dell’abbracciare un albero?
Un’esistenza che sembra volata via senza basi sostanziali, da qui derivano i principali conflitti di questo tempo: ansia, depressione, senso di smarrimento e solitudine.
Ma qual è la sensazione di fondo che ci spinge a tutto questo?
Dalla mia personale esperienza posso constatare quanto sia profonda la nostra incapacità di reggere il vuoto, un vuoto che terrorizza e fa sorgere nella nostra mente tante strategie di compensazione. Si amplifica così la cassa di risonanza della nostra fragilità emotiva, la precarietà interiore e quel senso di solitudine da cui nascono come effetto collaterale tante dipendenze.
Occupandomi anche di relazioni noto che, poiché viviamo in un momento storico di opportunità offerte anche dalla tecnologia, i rapporti vengono spesso consumati in fretta, poco nutriti dal dialogo, dall’ascolto, dall’attesa. Abituati alla fretta, a raggiungere in fretta gli obiettivi ci si accontenta anche di transitorie eccitazioni che non ci lasciano il tempo di capire profondamente i nostri bisogni, di sviluppare sano discernimento, di nutrire ciò che ci fa veramente bene all’anima.
Nel cammino della consapevolezza ho imparato che solo accogliendo il disagio che il vuoto fa provare, attraversandolo, si giunge più in profondità per riscoprire un amore più grande per la vita e per noi stessi, lasciandosi andare al caldo abbraccio del silenzio. Una stabilità profonda da cui possono sorgere nuovi pensieri e comportamenti, un’integrità che offre l’appagamento di una grande forza e fiducia.
Non vi è nulla da cambiare, solo accogliersi con morbidezza, creare uno spazio di tenero accudimento, immergendosi in un oceano immutabile in cui permettere ai nostri rigidi schemi di dissolversi.
L’anima non ama le certezze o il controllo, allontanandoci da essa alla lunga nascono sintomi e disagi, ma se accetti di immergerti in quel vuoto riscoprirai il mistero della pura energia di creazione e guarigione che albergano in te.
Ora prova a chiudere i tuoi occhi e porta il respiro nel cuore, pazienta, ascolta, stai calmo senza scappare, ancora più in profondità ..riposa..ed ecco che giunge un emozione, una pace, un profumo di vita.
Cercare il vuoto significa disidentificarsi da un’identità conosciuta: se smetti di impersonificare ciò che credi sei a casa, una casa chiamata coscienza.
Michela Crivellaro